La West Nile è una malattia causata da un virus della famiglia dei Flaviviridae isolato per la prima volta nel 1937 in Uganda, nel distretto West Nile da cui prende il nome. Il virus è diffuso in Africa, Asia occidentale, Europa, Australia e America.

I serbatoi del virus sono gli uccelli selvatici e il principale mezzo di trasmissione all’uomo sono le zanzare (più frequentemente del tipo Culex). Altri mezzi di infezione documentati, anche se molto più rari, sono trapianti di organi, trasfusioni di sangue e la trasmissione madre-feto in gravidanza. In Italia, al momento questo rischio è minimo, perché il sangue utilizzato per le trasfusione e gli organi utilizzati per i trapianti sono sottoposti a controlli per numerose malattie, tra cui la West Nile.

Il virus infetta anche altri animali, soprattutto equini, ma in alcuni casi anche cani, gatti, conigli e altri.

L’uomo costituisce un ospite accidentale del virus: si tratta di un’ospite cosiddetto “a fondo cieco”,ovvero che non può ulteriormente veicolare l’infezione, in quanto il virus non raggiunge nel sangue concentrazioni sufficientemente elevate da infettare le zanzare. Infezioni umane attribuibili a questo virus sono state segnalate in molti Paesi del mondo da oltre 50 anni. I maggiori focolai si sono verificati in Grecia, Israele, Romania, Russia e Stati Uniti. I siti dei focolai si trovavano sulle principali rotte migratorie degli uccelli.

In Italia, tra 2012 e il 2017 compreso, sono stati segnalati più di 200 casi totali di infezione da West-Nile virus, con un trend di infezioni confermate in crescita. Fatta eccezione per il periodo pandemico (2019-2021), che ha visto una brusca riduzione del numero di casi, in Italia negli ultimi anni le infezioni annuali sono state nell’ordine delle centinaia di casi/anno: 618 casi confermati nel 2018, 588 nel 2022, 332 nel 2023 e già più di 300 nel 2024.
Nel 2014 il West Nile virus (WNV) ha fatto la sua prima comparsa in Piemonte (nel 2015 è stato segnalato il primo caso umano); negli anni successivi, gli approfondimenti diagnostici e la sorveglianza entomologica sui vettori hanno confermato la circolazione virale nella totalità del territorio, che è stato inserito, tramite dispositivi del Ministero, tra le aree ad alto rischio di trasmissione. Solamente in Piemonte, nel periodo 2022-2023 sono stati segnalati più di 110 casi totali. Va ricordato che l’incidenza della malattia varia in base alla stagione, per via del naturale ciclo riproduttivo del vettore e dei flussi migratori degli uccelli.
Il periodo di incubazione dal momento della puntura della zanzara infetta varia fra 2 e 14 giorni, ma può essere anche di 21 giorni nei soggetti con deficit a carico del sistema immunitario.
La maggior parte delle persone infettate con il WNV non sviluppa segni clinici. Nelle aree endemiche la sintomatologia si evidenzia nel 20% circa dei soggetti colpiti, con una sindrome simil-influenzale, caratterizzata dai seguenti sintomi:

  • febbre
  • mal di testa
  • mal di gola
  • dolorabilità muscolare ed articolare
  • congiuntivite
  • rash cutanei solitamente sul tronco, sulle estremità e sulla testa
  • linfadenopatia
  • anoressia
  • nausea
  • dolori addominali
  • diarrea
  • sindromi respiratorie

I sintomi più gravi si presentano in media in meno dell’1% delle persone infette (1 persona su 150), e comprendono febbre alta, forti mal di testa, debolezza muscolare, disorientamento, tremori, disturbi alla vista, torpore, convulsioni, meningite e/o encefalite, fino alla paralisi e al coma. Alcuni effetti neurologici possono essere permanenti e nei casi più gravi possono essere letali. Il rischio di complicanze neurologiche gravi è più elevato tra i neonati, gli anziani o i pazienti immunodepressi.

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Non esiste una terapia specifica per la febbre West Nile, ma in genere si ricorre ad un trattamento di supporto (riposo, idratazione, antidolorifici e antipiretici). Nella maggior parte dei casi, i sintomi scompaiono da soli dopo qualche giorno o possono protrarsi per qualche settimana. Nei casi più gravi è invece necessario il ricovero in ospedale.

Al momento non esiste un vaccino per questo virus. Il principale strumento di protezione dalla malattia è la messa in pratica di misure atte a evitare la puntura di zanzare (link prevenzione zanzare).

Come l’uomo, anche gli equidi rappresentano ospiti accidentali a fondo cieco. Sviluppano una forma clinica della malattia solo nell’8-10% dei casi, dopo 3-15gg di incubazione, con sintomi prevalentemente neurologici quali atassia, paresi e paralisi flaccida, fascicolazioni muscolari, alterazione del sensorio, cecità, che possono comparire in concomitanza di febbre e letargia. E’ importante segnalare la comparsa di questi sintomi al servizio veterinario delle ASL, in quanto gli equidi rappresentano un buon indicatore della presenza della malattia sul territorio essendo i pochi a manifestarla. Questo permette alle autorità di rilevare la malattia precocemente e mettere in atto tutte le misure per impedirne la diffusione.

Per i cavalli è anche previsto un vaccino a scopo preventivo e non terapeutico, a cui accedere tramite il proprio veterinario di fiducia.

Per quanto concerne gli uccelli, che rappresentano il serbatoio naturale, il periodo di incubazione è di 3-4 giorni e la malattia si presenta solitamente in forma asintomatica o subclinica. Solo alcune specie sviluppano delle forme sintomatiche (cicogne, corvidi, oche) che anche in questo caso sono caratterizzate da forme neurologiche in alcuni casi ad esito letale. La morte in genere sopraggiunge a distanza di 24 ore dalla comparsa dei sintomi nervosi.

Numerose sono le specie di uccelli che possono essere infettate dal virus. Alcuni studi sperimentali e le osservazioni di campo hanno identificato le specie appartenenti agli ordini dei Passeriformi, dei Caradriformi e Strigiformi come i principali ospiti ed amplificatori del virus in considerazione dei livelli di viremia elevati e persistenti che si sviluppano in queste specie.

Nel 2024 la presenza del WNV è stata confermata in 141 uccelli stanziali appartenenti a specie bersaglio (gazza, cornacchia grigia e ghiandaia) in Lombardia, Toscana, Sardegna, Abruzzo, Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Veneto.

Nei cavalli, invece, il CESME (Centro di referenza nazionale per le malattie esotiche degli animali) ha confermato 24 focolai negli equidi in Emilia Romagna, Lombardia, Veneto, Piemonte, Campania, Puglia e Abruzzo.

Per ulteriori informazioni o aggiornamenti, consulta il sito dedicato del Ministero della Salute e dell’IPLA:

ASL CN2