28 settembre giornata mondiale contro la rabbia

L’etimologia del vocabolo rabbia affonda le sue radici nel sancrito “rabbahs”, che significa “fare violenza”. Tale vocabolo si colloca  trenta secoli prima della venuta di Cristo Cristo, quando, in India, il dio della Morte era sempre raffigurato accanto ad un cane, emissario del trapasso. Trattasi  verosimilmente della più antica patologia  di cui ci fornisca notizie la storia, essendo già conosciuta nel secondo millennio a C. La prima testimonianza scritta dello stato morboso si trova nelle “Leggi di Eshnunna“, redatte  in Mesopotamia intorno al 1930 a.C., che imponevano al proprietario di un cane, affetto dalla malattia, di prendere misure preventive contro i morsi.

Interessante la descrizione che Omero fece di Ettore come di  un uomo animato da  un irrefrenabile coraggio marziale dovuto a qualcosa che travalicava la rabbia emozionale.

Del virus della rabbia venne anche fatta menzione  nel “Sushruta Samhita”, un testo medico indiano, risalente al IV secolo a. C.

La mitologia greca ci regala Lyssa,  personaggio spietato, terrificante, violento e “animalescamente” distruttivo nei confronti degli altri che fece impazzire i cani del giovane Atteone per uccidere il loro padrone, dopo che il cacciatore aveva visto Artemide, nuda mentre faceva il bagno, e non aveva distolto lo sguardo.

Nei primi due secoli dopo Cristo l’antica tradizione medica Greco-Romana iniziò a cercare di comprendere questa malattia; il primo fu Cornelio Celso il quale nel suo “De Medicina” collegò il sintomo dell’idrofobia alla malattia della rabbia.

Nel medioevo il concetto di zoonosi era ancora oscuro. A fare un po’ di luce circa la comprensione della rabbia fu il mondo islamico. Molto importante fu il contributo che, in questo senso, offrì il medico persiano Avicenna, il quale nella sua opera “il canone della medicina” scrisse che il caldo e il freddo aiutavano a fomentare la malattia nei cani. Inoltre attribuì la causa del contagio della malattia al consumo di acqua e carne infetta.

Verso la fine del XV secolo, una misteriosa confraternita di guaritori girava di città in città, offrendo protezione contro la rabbia. Si facevano chiamare i Saludadores, dotati di poteri conferiti loro  direttamente dai santi. I Saludadores dichiaravano di essere in grado di neutralizzare quel morso nocivo attraverso la loro saliva o il loro respiro. Il tribunale dell’Inquisizione li dichiarò  eretici e l’ordine ufficiale fu quello di distruggere questa confraternita. Alcuni membri furono catturati e, sotto tortura, confessarono di aver intessuto una clamorosa truffa.

La rabbia, verosimilmente originatasi nel vecchio continente, iniziò a diffondersi tra gli animali del Nuovo Mondo nel XVIII secolo andando ad interessare inizialmente il  Massachusetts e poi successivamente  tutto il Nord America.

Nel XIX secolo, la rabbia era considerata un flagello per la sua prevalenza. In Francia e in Belgio, dove si venerava Sant’Uberto, patrono dei cacciatori , la “chiave di Sant’Umberto” veniva riscaldata e applicata per cauterizzare   la ferita. Inoltre, la credenza popolare faceva marchiare i cani  con la chiave nella speranza di proteggerli dalla rabbia. La paura della malattia era quasi irrazionale. Infatti  non era raro che una persona morsa da un cane  sospettato di essere rabbioso, si suicidasse o fosse uccisa da altri.

Nei tempi moderni, la paura della rabbia non è diminuita e la malattia ed i suoi sintomi (soprattutto il delirio) hanno ispirato numerose storie horror, spesso raccontando di un virus diventato selvaggio che trasforma gli esseri umani in spietati omicidi  e che è responsabile di pandemie.

Di seguito informazioni tratte dalla scheda “rabbia” realizzata da Ambulatorio di medicina dei viaggi ASL CN2 e di cui è opportuno che prendano visione soggetti destinati a soggiornare in aree del mondo in cui tale patologia è presente.

Informazioni sulla rabbia

La rabbia è una malattia causata da un virus trasmesso all’uomo da animali infetti. Nei paesi in via di sviluppo, dove la rabbia animale è piuttosto diffusa, la trasmissione avviene principalmente attraverso il morso del cane. Varie altre specie di mammiferi possono trasmettere la rabbia, sempre attraverso il morso o il contatto della saliva dell’animale con cute non integra: volpi, procioni, moffette, sciacalli, lupi e pipistrelli.

Degli oltre 55.000 casi annuali di rabbia nell’uomo, 31.000 si verificano in Asia, principalmente in India, e la restante parte in Africa.

 

Come si manifesta la malattia?

Il virus della rabbia provoca nell’uomo una grave encefalite (=infiammazione del cervello), sempre fatale. Il periodo di incubazione è molto variabile (generalmente da 3 a 12 settimane).

 

Cosa si può fare?

La malattia è prevenibile. La profilassi pre-esposizione si effettua somministrando tre dosi di vaccino a 0, 7, 21 (o 28) giorni. Il vaccino ha un’efficacia del 100% dopo la terza dose. Entro 48 ore dalla vaccinazione sono possibili reazioni locali (gonfiore, dolore, arrossamento nella sede d’iniezione) e generali (febbre, mal di testa, dolori muscolari diffusi) trattabili con farmaci a base di paracetamolo.

In caso di esposizione al virus (cioè morso di mammifero) in zona a rischio, una consulenza medica va comunque effettuata al più presto anche nel vaccinato, per valutare se procedere comunque con la somministrazione di due dosi di richiamo del vaccino (previste dai protocolli internazionali).

Il soggetto non vaccinato è sottoposto ad un altro tipo di profilassi, detta post-esposizione, che consiste nella somministrazione di anticorpi specifici (chiamati RIG = Rabies Immuno Globulins, cioè immunoglobuline contro il virus della rabbia), oltre ad una serie di 5 dosi ravvicinate del vaccino.

In caso di morsicatura, o altra possibile esposizione al virus della rabbia, è sempre necessario lavare accuratamente la ferita con abbondante acqua e sapone, e procedere poi con l’applicazione di un disinfettante. Subito dopo è necessario recarsi all’ospedale o al servizio di pronto soccorso più vicino.

 

 

Tra i viaggiatori internazionali, chi dovrebbe vaccinarsi?

Il vaccino è consigliato

  • in caso di soggiorno prolungato (1 mese o più, oppure soggiorni più brevi ma molto frequenti) in una zona ad alto rischio di rabbia, specialmente nelle aree in cui l’assistenza sanitaria non è prontamente disponibile;
  • in caso di soggiorno inferiore ai 30 giorni, se sono previste attività che aumentano il rischio di essere morsicati da mammiferi (per es. pernottamenti in tenda o campeggio, attività all’aperto per molte ore, soggiorno in aree rurali lontane dai servizi sanitari, contatti con animali).

Mentre per soggiorni brevi (inferiori al mese) il rischio è molto basso (sempre che non si intraprendano attività che più facilmente espongono al morso di mammiferi) una particolare attenzione deve essere prestata ai viaggiatori che si recano per periodi prolungati in zone ad alto rischio. Infatti se queste persone non sono vaccinate e hanno quindi bisogno della profilassi post-esposizione in caso di morsicatura, non è detto che l’ospedale locale abbia in dotazione le RIG (immunoglobuline), che non sempre sono reperibili nei Paesi in via di sviluppo. Per soggiorni prolungati in aree ad alto rischio la vaccinazione è quindi raccomandabile.

 

 

ASL CN2